C’è qualcosa di profondamente rassicurante nel sedersi a tavola e accorgersi, portata dopo portata, che ogni scelta è giusta. Alla Taverna del Conte, questo succede. È una cucina che non fa rumore, ma lascia il segno.
Abbiamo iniziato con un sauté di cozze ricco, profumato, senza sbavature. Di quelli che ti fanno pensare: “Ecco, è così che dovrebbero sempre essere”. Poi sono arrivati gli spaghetti con asparagi e gamberi, perfettamente equilibrati, con una delicatezza saporita che ti fa rallentare per assaporarli meglio. Le bavette con seppie e carciofi erano un piccolo capolavoro: il mare e la terra che si incontrano senza scontrarsi, in una danza morbida e ben calibrata.
Il medaglione di tonno in agrodolce, con miele e salsa di soia, ha sorpreso per misura e intensità: il tonno era tenero, la cottura precisa, la salsa agrodolce usata con intelligenza. Un piatto che si ricorda.
Il tutto accompagnato da un bianco fresco, scelto con cura e servito come si deve.
E per chiudere, un cannolo scomposto che non ha avuto bisogno di effetti speciali per farsi amare: ricotta vellutata, cialda fragrante, dolcezza al punto giusto.
Come sigillo finale, un bicchiere di cedro: aromatico, pulito, luminoso come il pranzo che lo ha preceduto.
La location? Defilata il giusto, fuori dal caos. Ambiente curato, senza ostentazioni, con un’eleganza naturale. Il personale è gentile, presente, educato. Qui si sta bene, punto.
Il conto? Onesto. Ma anche se fosse stato un filo più alto, l’avremmo pagato con lo stesso sorriso. Perché il cibo buono, quando è anche giusto, non pesa mai.
Un pranzo che non ha avuto bisogno di stupire per essere indimenticabile. E un posto dove si torna. Volentieri.
Roberto R
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07 Aprile 2025