Tornare dieci anni e scoprire che lo stile della cucina è sempre (piacevolmente) lo stesso. Due sorelle al posto della madre, ma la stessa cucina "padana" (non nel senso politico, ma perchè ha tratti piemontesi ed altri mantovani) che ti fa sentire a casa fin dal primo antipasto. Cinque antipasti (gnocco fritto con lardo, tagliere di salumi con coltello e servizio libero, zucchini in carpione agrodolce, antipasto alla piemontese di verdure, insalata di pollo), la scelta tra due primi (polenta concia o maltagliati zucca ed amaretto), due secondi (sfoglia ai funghi e spezzatino in agrodolce) e due dolci per chiudere (sbrisolona e crostata). Brave, veramente brave: simpatiche, mai invadenti, con "verve". Il mondo scorre qui attorno, ma qui dentro tutto si mantiene nel migliore dei modi possibili.
Di ritorno dal santuario di oropa verso la pianura, si passa anche da Favaro. Sono le 1300 siamo stati rimbalzati da tutte le trattorie incontate e senza speranza entriamo in questo ristorante arredato con estremo gusto ma non da etichettare ( vittoriano, nordico, natalizio ecc ecc).
L’accoglienza è calorosa e cordiale e il menù viene spiegato a voce: le portate sono a sorpresa e mangi per quello che riesci; ti puoi fermare dopo i 5 antipasti, dopo il primo, dopo il secondo o arrivare alla fine con i due dolci.
Cura e attenzione delle eventuali allergie/intolleranze, rispetto dei tempi tra una portata e l’altra, sempre una parola di cortesia. Il titolo è dedicato alla mia predilezione naturale per le melanzane: quelle di “una Franca” sono come non le avevo mai mangiate nella mia vita.
Le due sorelle che gestiscono i 40 coperti hanno l’arte del ricevere nel loro DNA.
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